
Valtellina – Perché la montagna non è solo una meta invernale, non dev’essere conosciuta solo per le sue piste innevate…la montagna è anche sacrificio e lavoro, pascoli immensi e fresco ristoro.
Ho sempre vissuto lo scenario montano da “sciatore” (ovviamente il termine in questione nel mio caso è puramente indicativo, se mi vedeste con gli scii ai piedi capireste che il mio è più un istinto di sopravvivenza che il praticare uno sport), quello che non immaginavo è la magia che racchiudono questi posti in estate, luoghi ricchi di storia che nascondono una delle ricette più antiche… il formaggio d’alpeggio!
Sto parlando del Bitto, tipico formaggio d’alpeggio a pasta cotta che si ricava dal latte vaccino crudo al quale viene aggiunto latte caprino in misura non superiore al 10% (come da disciplinare).
Breve storia del Bitto
Intorno al 1996 al Bitto è stata assegnata la denominazione di origine protetta (DOP), apportando anche modifiche al tradizionale disciplinare al fine di poterne produrre più quantità per venderlo a prezzi più accessibili. I produttori tuttavia non gradirono l’iniziativa e continuarono a produrre il Bitto secondo il metodo tradizionale, separandosi dal Bitto DOP e dando vita al Bitto storico che divenne presidio Slow Food. A seguito di una lunga controversia causata dal fatto che il marchio Bitto era del consorzio DOP, i produttori hanno deciso la registrazione di un nuovo marchio, in modo da poter continuare a commercializzare il formaggio della tradizione celtica col nome di “Storico ribelle“.
Il cuore delle Alpi Orobie, il territorio caratterizzato da vallate ripide e chiuse, offre pascoli in forte pendenza dal panorama mozzafiato.
In questo luogo magico, ad un passo dal toccare il cielo con un dito, le mucche e le capre pascolano indisturbate ed il solo rumore presente è quello prodotto dai campanacci di varie dimensioni che ognuna di loro ha al collo.
Il pastore provvede alla raccolta del latte due volte al giorno, la mattina e la sera, la raccolta può essere automatizzata attraverso l’ausilio di mezzi che vengono portati all’alpeggio in elicottero oppure a mano, dopodiché il latte viene lavorato nei calècc.
Cos’è il Calécc?
I Calècc sono costruzioni in pietra a secco a pianta quadrata (circa 4×4) o rettangolare che proteggono la zona di caseificazione, fungendo da baita di lavorazione itinerante in modo che il latte non debba viaggiare, se non per pochi metri, e possa essere lavorato prima che il suo calore naturale si disperda.
Il calècc presente nell’area (ce ne sono diversi posizionati negli alpeggi) viene dotato di una copertura provvisoria e di tutti gli attrezzi necessari per la lavorazione del latte, che vengono trasferiti di calècc in calècc con l’ausilio di bestie da soma.
Oggi per la copertura si utilizzano dei teloni impermeabili sostenuti da travi in legno ma anticamente (fino agli inizi del ‘900), per la copertura si utilizzavano tavole di legno o coperte di lana di fabbricazione casalinga dette palòrsc.
Attraverso un’apertura laterale, spesso protetta da un cancello in legno per impedire l’entrata degli animali, si accede al calécc dov’è presente una “culdera” in rame usata per bollire il latte appena munto.
Terminato il tempo della bollitura, quello che diventerà il Bitto viene posto in fasce che conferiranno il caratteristico scalzo concavo. La stagionatura invece avverrà presso la casera del Bitto Storico di Gerola Alta.
La Casèra di stagionatura
La Casèra di stagionatura a Gerola Alta è una struttura che funge da cantina, che accoglie più di tremila forme di Storico di diverse annate. Terminata la stagione estiva, entro metà settembre, i produttori del Consorzio Salvaguardia Bitto Storico, conferiscono le forme prodotte in alpeggio presso la Casèra di stagionatura.
Qui avviene l’affinatura dello Storico, che deve essere continuamente lavorato per raggiungere la maturazione adeguata.
Nel primo anno le forme poste su assi in legno vengono pulite e girate su entrambi i lati per favorirne l’ossigenazione. La pulizia viene fatta con l’ausilio di un macchinario e di una lama che permette di eliminare le muffe superficiali.
Le fasi di pulitura possono essere più o meno frequenti a seconda delle condizioni climatiche esterne: umidità e calore rendono necessaria una notevole lavorazione delle forme presenti in cantina.
Durante queste operazioni il personale addetto controlla l’aspetto di ciascuna forma ed esegue una prima selezione dello Storico da invecchiare. La selezione consiste nell’individuare le forme migliori e senza difetti da stagionare, se i difetti sono tali da compromettere la qualità del prodotto, le forme vengono classificate come seconda scelta rispetto allo Storico Presidio Slow Food.
Le migliori forme selezionate possono essere invecchiate oltre i 10 anni.
Poiché le forme possono essere personalizzate con dediche o disegni negli anni la Casèra si è arricchitta di una tale varietà da diventare un vero e proprio museo del Bitto!
Nel mio breve soggiorno montano ho avuto l’opportunità di visitare anche un alpeggio in Valmalenco nelle Alpi Retiche, un’area completamente diversa dalla Orobia per territorio e cultura. Il paesaggio si presenta molto più roccioso ed il percorso per arrivarci ripido ed in costante salita.
Qui ho visitato il pascolo dei fratelli Nana, i quali mungono rigorosamente a mano e trasportano più a valle il latte appena munto tramite l’ausilio di muli. Non si parla più di Bitto ma di formaggio d’alpe che come differenza non ha un disciplinare da seguire.
Una volta scaricato il latte viene posto in dei contenitori e lasciato a bagnomaria nell’acqua per ricavarne prima il burro e poi il formaggio.
Due realtà lavorative di altri tempi, faticose ma come hanno detto i nostri pastori “lavoriamo a contatto con la natura, il resto non conta”.
Raccomando a tutti di recarvi almeno una volta a vedere come vengono fatte queste lavorazioni perchè è un esperienza unica!